(Attenzione: se pensi che questi argomenti possano ferire la tua sensibilità, proteggiti e passa oltre.
Sono passati circa 12 giorni da quando ho iniziato la terapia e sento di poterne parlare con cognizione di causa. Quello che mi sta capitando credo sia tra gli eventi più significativi a cavallo tra il 2022 e il 2023 e mi sta regalando gli strumenti per affrontare le prossime tappe della mia vita in modo diverso.
Anche se detto tante volte lo ripeto ancora: tutto quello che scrivo e condivido è in veste di paziente, di donna adulta che si ritrova a reinventarsi e (forse) finalmente a capirsi. Nelle prossime righe parlerò anche dei miei effetti collaterali, ma è la MIA esperienza, non fate l’errore di generalizzare soprattutto quando si parla di reazione fisiche ai farmaci.
La racconto perché è un percorso lento verso lo scardinamento di pregiudizi che non sapevo di avere, una lotta interna: più mi confronto con altre persone più mi rendo conto che non sono l’unica ad affrontarla.
L’inizio è stato molto in salita, ma i benefici mi hanno tenuto calma sugli effetti collaterali. I primissimi giorni il senso di pesantezza alla testa è stato quasi debilitante: mi sentivo come se avessi una calotta di piombo sul cervello e tutte le mattine fissavo la pastiglia chiedendomi se ne valesse la pena.
Molto ha fatto lo specialista che mi segue: nonostante i giorni di festa per tuttз, lo psichiatra è stato molto disponibile nel sostenermi passo passo nell’affrontare ogni mio dubbio.
Passato il primo momento, la pesantezza si distribuiva a giorni alterni un po’ sulla testa e un po’ all’altezza del cuore, andando via via diminuendo. Negli ultimi due giorni è diventato un automatismo prendere la pastiglia, che per me è un buon segno.
Mi sono spaventata moltissimo soprattutto nel ritrovarmi con la mente annebbiata, è una sensazione veramente brutta, non mi sentivo al top, non riuscivo a fare nulla neanche leggere. Nella mia totale ignoranza credo che molto abbia influito la mia condizione psicologica e le mie ansie: mi sto scoprendo sempre più ansiosa nell’affrontare le cose. È una condizione che è emersa da quando sono tornata in proprio e l’ho sempre attribuita alla mia condizione lavorativa, ma più passa il tempo più credo che ho passato molto della mia vita a non essere come sono per paura del giudizio altrui finché in qualche modo non ho più retto.
Ho passato buona parte dei miei superati 40 anni a dimostrare a me stessa e a chi avevo vicino che valevo e credevo di doverlo fare senza cedere mai, ma non è fisicamente possibile vivere così: la tensione, l’ansia, la paura di mostrare lati vulnerabili di te creano sicuramente altri effetti, fisici e mentali. Dico sempre che la diagnosi è stata la mia salvezza, anche se quando ti svegli con un macigno sul cuore fatichi a pensarla così. Ho cercato di reagire come faccio da sempre: razionalmente.
Le mattine che mi sono svegliata con il cuore pesante mi sono limitata a misurarmi la pressione e le pulsazioni: tutti i valori erano a posto quindi tutto si sarebbe sistemato, ragionare così che mi ha tenuto calma senza perdere la direzione. Ed è stata la pratica buddista.
Non ho praticato niente in queste settimane e per la prima volta da anni non mi sono sentita in colpa. Sto cercando di fare un lavoro di cui parlo da sempre ma che non sono mai riuscita realmente ad attuare: ascoltare me stessa e i miei bisogni.
Molte persone pensano che ascoltare i propri bisogni sia essere egoista e fare solo ciò che ci piace, ma non è così: ascoltare sé stessз è una necessità primaria per vivere una vita degna di essere vissuta, compresi tutti i doveri che spesso vorremmo evitare. Non si può vivere una vita solo per soddisfare il senso di dovere proprio e altrui senza mai concedersi tempo e spazio. O meglio si può fare, ogni persona sceglie per sé ma personalmente lo trovo un modo di vivere soffocante e priva di senso.
Sono consapevole di sembrare giudicante in questo momento, ma mentre scrivo mi viene in mente la storiella dell’uomo che corre sempre: ah ho risparmiato due minuti qui, ho risparmiato un minuto facendo così, etc… finché un giorno un amico gli chiede ed ora di tutti questi minuti guadagnati cosa te ne fai?.
Bene ho deviato completamente dal quello che volevo dire (non a caso stiamo parlando dell’Adhd) e quello dell’ascoltarsi è un argomento su cui tornerò sicuramente, ma parlavo di pratica buddista.
La pratica consiste anche di una preghiera mattina e sera che si chiama Gongyo: semplificando moltissimo (ma proprio tanto) si può dire che quella del mattino serve a determinare come affrontare la giornata e quella della sera a fare il punto di cosa si è fatto durante il giorno (e soprattutto come si sta) per ripartire il giorno dopo. È un dettare il ritmo, una semina continua.
Soprattutto i primi giorni questo allenamento continuo (tra alti e bassi pratico dal 2007) mi ha aiutato a decidere ogni mattina di agire, non a subire scelte già prese ma a riconfermare ogni giorno che volevo percorrere quella strada.
Più che in altri ambiti le terapie psichiatriche devono essere sentite dal paziente, la componente attiva e la partecipazione sono molto importanti ai fini della terapia: si parla di aderenza farmacologica.
Da un punto di vista tecnico regoli ormoni e stimoli aree del cervello a favore di altre (anche qui spiegata in maniera molto ma molto semplice) e questa è chimica, ma la consapevolezza di quanto sia importante la terapia è un lavoro di educazione psicologica e accettazione della proprio malattia/disturbo che inizio a credere duri tutta la vita.
Quando mi hanno diagnosticato l’asma, 10 anni fa, ho passato i primi due a cercare un modo per non dover prendere medicine tutta la vita, ovviamente senza riuscirci: se una modalità del genere si attiva anche su una malattia fisica, diciamo visibile, quanto una malattia invisibile può portare a credere che passato il primo periodo puoi cavartela anche senza medicine?
Sono fortunata perché ho intorno persone che hanno molti meno pregiudizi di me in merito alla terapia, è diventato argomento di conversazione senza tabù, anche se non tuttз hanno realmente capito che non si parla di guarigione: la fase di accettazione non è solo del/la direttə interessatə.
Visto tutto il percorso fatto fin qui e già consapevole che la terapia ha migliorato la mia vita, ho deciso di provare a mettermi piccoli obiettivi quotidiani per comprendere se riesco non a diventare qualcun’altra ma a canalizzare ancora meglio le energie. Tra l’altro gennaio sarà un bel stress-test: sarò a Genova per quasi tutto il mese per finire gli ultimi lavori e svuotare la ciclofficina, sarà una bella prova.
La Ciclista Ignorante è un progetto che ambisce a diffondere e condividere un nuovo stile di Vita, basato sull’etica, la trasparenza, la contaminazione di idee, un progetto in cui la bicicletta è sempre stato un mezzo e mai il fine. Lo scopo del Blog e di tutto l’universo connesso è incoraggiare le persone che inciampano nei miei contenuti, con uno sguardo attento a chi si sente più fragile, discriminatə, indifesə, impauritə.
Se apprezzi il mio lavoro, se tra i miei contenuti hai trovato quel valore che cercavi, sostienimi!
E per non perderti neanche un aggiornamento puoi attivare le notifiche sul Blog, iscriverti alla Newsletter Ignorante e ascoltare il Podcast Ciclofilosofico!