Fisso il monitor un po’ disorientata. Stamattina tirarmi su è stata durissima e sono uscita tardi in bici, a dire il vero non credevo ce l’avrei fatta.
Sono salita in sella con le gambe che faticavano e la testa che mi ripeteva ad ogni colpo di pedale “è tardi fai il giro breve”. Volevo andare fino agli scogli dopo il porto di Marina di Carrara ed alla fine ci sono andata. Al ritorno il vento mi ha messo molto a dura prova, ed anche un paio di sorpassi e qualche precedenza saltata, sono tornata a casa tardi rispetto al mio solito ed ora sono qui un po’ rincoglionita, dal sonno ma anche dal silenzio.
Sono stata 10 minuti buoni qui sul divano a fissare il pc ed a godermi il silenzio. Fa freschino, le finestre chiuse ed anche la strada con il rumore del traffico sembra così lontana.
Stamattina non ho fatto uscire la newsletter. Come ho detto di recente in una newsletter quando nel mio personale non trovo io stessa il valore e il senso di condividere semplicemente non lo faccio. Non sono le parole testuali ma il senso è quello. Traggo spunto per ogni cosa che scrivo dalla mia esperienza, è il punto di partenza per allargare lo sguardo e mi sono interrogata moltissimo su questo mio modo di comunicare.
Come raccontato è stata una settimana molto strana, lenta e pesante, per nulla come l’avevo immaginata. Pensavo che con marito fuori città io sarei stata più produttiva, meno distratta dalle cose da fare ed invece ho preso in faccia un bel muro: se mi distraggo lo faccio benissimo da sola, avere o meno persone intorno, impegni vari, aiuta a trovare più alibi. Ho riversato troppe aspettative e sono puntualmente state disattese. Non a caso sto cercando di vivermi il momento presente, non a caso sto facendo tutt’altro, precipitando esattamente dove non volevo essere. C’è di buono che presto o tardi le cose le vedo.
Sto finendo di ascoltare Noi c’eravamo di Irene Facheris, parla di attivismo e anche di relazioni. Personalmente non mi piace moltissimo, per come la vedo sui social c’è qualcosa che stride con il mio carattere, ma non la conosco, è una sensazione a pelle (anche se ho imparato a fidarmi molto di cosa sente la mia pelle). Probabilmente non l’avrei mai comprato come libro, anche se l’argomento mi interessa molto, ma ho rifatto l’abbonamento a Storytel e mi è passato sotto il naso.
Ammetto che è un libro illuminante e, per molte delle scelte che ho fatto, nel mio caso consolatorio. Manca poco alla conclusione ed è un ottima preparazione per un articolo del Blog su cui lavoro da tempo.
Questa lettura mi ha portato a nuove domande e tutte sul mio ego.
Per anni sono stata accusata di essere una persona egocentrica ed egoriferita, non nego di avere un ego molto presente, oserei quasi dire proporzionato al mio peso, ma di recente mi sono resa conto di essere una dilettante rispetto ad alcune persone che ho vicino. Non è una gara o una sfida e, a parte le battute, il confronto anche inconsapevole può aiutare a mettere tutto nella giusta prospettiva.
Ascoltando questo libro mi sono interrogata molto su La Ciclista Ignorante, questo alter ego che ho creato tanti anni fa, che ho cercato di staccare da me come persona (senza riuscirci molto), che di recente mi sono ricucita addosso, ma che vorrei non rappresentasse solo me, ma una pluralità di persone, oserei quasi dire, з ultimз, anche se detta così fa un po’ melodramma e esistono un sacco di realtà con questo scopo (e che riescono).
Eppure sono qui a cercare di creare qualcosa perché non ho ancora trovato un gruppo in cui sentirmi parte e mi sono interrogata molto sul fatto che potessi essere io a non capire o troppo egocentrica, ma più mi metto in gioco più le risposte portano tutte al creare qualcosa che non c’è.
Che discorso incasinato come al solito. Non voglio fare nomi, non voglio parlare nello specifico di una situazione perché non mi importa di parlare male delle altre persone. Siamo tutte fallibili, imperfetti, incostanti e incoerenti, credo che il punto sia in mezzo a questa pluralità trovare le imperfezioni che ci sono più affini e con cui poter realizzare qualcosa insieme.
Non ho mai voluto essere la leader di qualcosa, anche se sono stata accusata molte volte del contrario, ma allo stesso tempo non trovo un mio spazio nel mondo e mi chiedo se crearlo abbia senso.
Di recente ho tolto delle persone dal canale Telegram, è un lavoro che faccio spesso quello di pulire le liste delle persone che mi seguono: sui social aiuta l’algoritmo ma, in generale, trovo che sia un modo per essere onesta e trasparente, non far vedere dei numeri che in realtà sono vuoti.
I numeri di fatto sono persone, a volte si stancano di seguirti ma non hanno il coraggio di compiere certe azioni come smettere di seguirti, altre semplicemente smettono di usare le app o i social. In realtà non ho idea se faccio bene o male, ma di recente mi è caduto l’occhio sulle e sugli iscrittз al canale e da quanto non aprivano Telegram.
Una di queste persone si è accorta che l’ho tolta e mi ha chiesto perché. A parte che veramente non apriva l’app da un po’ (sono informazioni che Telegram mostra in base alle proprie impostazioni delle privacy, ma sono frasi molto generiche tipo “ultimo accesso molto tempo fa”, nulla di più), nella vita offline non si era comportata a mio avviso bene ed ho deciso che non l’avrei più voluta nella mia vita.
Non l’ha presa bene dicendomi che il mio comportamento è stato violento.
Mi interrogo da allora sul proprio diritto a fare gosthing, a non dover dare per forza spiegazioni, mi interrogo su cosa sia violenza e mi interrogo su quanto il mio ego abbia interferito con certe scelte.
Non ho mezza risposta in questo momento, in generale rifuggo le risposte nette, ma in questo momento manco vaga, lontana. Sono immersa nella domande (che poi è il mio modo di vivere) e sempre con lo spirito di vivermi il qui e ora, sto un po’ qua, me le immagino le mie domande come quei maglioni di lana morbidi ma che pungono, quella sensazione tra il perché tengo questo maglione e il però ci sono affezionata
Non sono affezionata a nessun interrogativo di per sé ma amo il mio modo di essere così, in perenne discussione che, a dirla tutta, trovo molto egocentrico e animato dal desiderio di andare oltre me stessa. Ma evidentemente devo comunicarlo meglio o, comunque, devo cambiare qualcosa.
Che poi sto facendo anche un po’ di confusione tra arroganza ed egocentrismo? Forse sì, ma bolle l’acqua della pentola e devo andare a buttare la pasta.
Ecco perché non è uscita la newsletter, non perché devo buttare la pasta, ma perché è ancora tutto un caos ed io amo il caos ma voglio condividerlo in una modalità generativa e non solo come sfogo. E se qui mi permetto di vomitare parole (questo spazio è nato apposta), in newsletter ho tutto un altro scopo.