Dopo giorni un po’ confusi, con orari un po’ del bip, piazzata sul divano davanti al pc a fare ricerche seo come una drogata e rimandando di giorno in giorno, finalmente stamattina ho messo la sveglia alle 5.30 come volevo ed ho cominciato praticando.
Di tutte le prove che ho fatto negli anni, esperimenti e cambiamenti, non c’è niente per me come cominciare la giornata piazzandomi davnati al Gohonzon con la mente ancora assonnata: è uno dei modi migliori per tenere a bada i miei neuroni adhd e praticare senza pensare (o quasi). Tra l’altro sabato ho riunione donne durante la quale racconterò la mia esperienza, che vorrei scrivere entro oggi. Un po’ lo stimolo ad alzarmi presto e piazzarmi a praticare è stato anche questo.
È lunedì e mi piace cominciare facendo le cose che voglio fare, da brava privilegiata me lo concedo. Ed anche se sembra da bimba viziata è stato uno dei motivi che mi ha portato a non accettare il lavoro al ristorante, ma tutto va visto nel giusto contesto che ora racconto finalmente, dopo un paio di settimane in cui rimugino e metabolizzo.
Qualche settimana fa mi ha chiamato una ristoratrice per un colloquio. Non accetto mai di andare all’ultimo minuto ma quel giorno ho fatto un’eccezione, il ristorante è vicino casa così in mezz’ora sono andata. In mente pensavo che fosse sbagliato chiedere un colloquio così ma il modo gentile mi ha convinto, in fondo era una richiesta a cui potevo sempre dire di no.
Del colloquio in sé mi sono stupita perché non ho ricevuto nessuna domanda scomoda: lo so, dovrebbe essere la norma, ma ero già pronta a dire veramente questa cosa non me la può chiedere ed invece non c’è stato bisogno.
Tutta la conversazione è ruotata intorno al ho bisogno di una persona jolly, ossia una persona disposta non solo a fare la lavapiatti ma anche a pulire se serve o fare qualsiasi altra mansione venisse richiesta, e al ma sei sicura che vuoi fare la lavapiatti.
Il dubbio è più che lecito visto il mio curriculum ma, per lo meno prima di questa esperienza, l’unico pensiero era stare in movimento e guadagnare qualche soldo in più da investire nel Blog. Dopo questa esperienza l’idea è cambiata e chi continuerà a leggere capirà.
Per quanto riguarda la questione jolly non era un problema: non sono mai stata una persona attaccata al ruolo anzi, mi annoio, quindi non c’è problema a svolgere più mansioni, basta che me ne si dia il tempo e che, nel caso servisse, io riceva una formazione adeguata. Su questo ultimo punto ho battuto parecchio visto che l’ultima volta che ho avuto a che fare con la ristorazione, molto ma molto alla lontana, avevo 18 anni ed era un bar.
Non ho chiesto né che tipo di contratto né che paga, non mi interessava in quel momento. Peccato che non mi sia stato detto neanche dopo che sono stata chiamata a fare la prova.
Inutile dire che il lavoro è pesantissimo e che aver sollevato biciclette negli ultimi 4 anni (ed aver fatto 4 traslochi) non mi hanno allenato abbastanza. Ma quello non sarebbe stato un problema, piano piano ti abitui.
Messo sul piatto che non avrei più visto mio marito se non per dormire tra i suoi turni e i miei, che sarei stata stanca morta per portare avanti tutto (ma in fondo il Blog l’ho messo su di notte mentre lavoravo 12 ore al giorno), non me la sono sentita di accettare un posto di lavoro dove ti chiamano un’ora prima per dirti se sei di servizio o no e che fanno passare questa cosa come nomrale nel contratto a chiamata.
Non è proprio così e non puoi chiedere ad una persona di farti da jolly omettendo la parte più importante e soprattutto non riconoscendo l’indennità di chiamata. Facile dire che poi non si trova personale affidabile quando questo personale lo tratti come vuoi. Inutile dire che dei due giorni di prova non ho visto un euro e neanche mi ci sono messa.
Mi sono ritrovata a non dormire per due giorni e a provare solo disagio e questo ancora prima di scoprire le favolose condizioni contrattuali. Provavo un senso di malessere che era molto oltre il solito abusato concetto di uscire dalla zona di comfort.
E ci ho messo troppo a decidere, ho buttato via due giorni della mia Vita, 48 ore, 2880 minuti, 172800 secondi della mia Vita in cui non ho sentito me stessa.
Qualche giorno fa la mia migliore amica mi ha detto, in riferimento a tutt’altra situazione, devi assolutamente fidarti di come ti senti quando ci stai: è esattamente quello che intendo quando dico e mi dico che devi sentire profondamente le tue budella e se ti dicono che è no è no.
C’è molta confusione tra quello che è l’istinto e l’impulsività. Chiamatelo istinto, sesto senso, capacità di osservazione, chiamatelo come volete ma non impulsività: essere persone impulsive vuol dire esattamente l’opposto, non ascoltarsi e reagire.
Grazie a questa esperienza che è stata più dolorosa del previsto ma, evidentemente necessaria, ho avuto il coraggio di prendere altre decisioni che mi conigliavo da un po’.
Anche se sono buddista sono anche scaramantica (teoricamente le due cose non vanno molto d’accordo) e proprio per questo non racconterò i dettagli se non che ho smesso di cercarmi lavoro perché io ho già un lavoro e voglio renderlo anche remunerativo, voglio viverci e stare tranquilla e sto lavorando per questo.
Non ho lasciato il posto fisso nel 2018 e stravolto più volte la mia Vita per tornare a sentirmi dire il lavoro è così, tanto valeva rimanermene dove ero, con la mia posizione comoda e tranquilla. Non è facile ricordare continuamente il perché delle nostre scelte, ma è importante farlo per non perdere la direzione verso i nostri obiettivi. Condivido la mia esperienza sempre con lo stesso scopo: spero sia di incoraggiamento a chiunque passi di qua.
Ed ora attacco il pomodoro e mi metto al lavoro sui quattro obiettivi di oggi: è un tecnica che ho già usato in passato e ha dato i suoi frutti. Il contesto è completamente diverso ed anche la consapevolezza di me, ho l’impressione che piano piano (anche se con immensa fatica) sto arrivando all’organizzazione che vorrei, sempre ricordandomi che nulla è scritto nella pietra.