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Quanto credo nelle mie stesse parole?

Sono a casa da sola e devo assolutamente rimettere mano a tutto il piano strategico ed esecutivo. Non so bene cosa sia successo negli ultimi giorni ma ha regnato il caos, sono indietro con tutto ma, a questo punto, non sarebbe neanche questo il problema, il problema è il mio cervello che non collabora, poco conta la terapia per l’Adhd, credo non c’entri proprio una mazza l’Adhd, è la paura che mi fotte.

Da qualche giorno, forse più di una settimana, ho ripreso a praticare con regolarità ed anche con piacere, sono finalmente tornata a fare anche Gongyo sera, inevitabile muovere tutta la vita, inevitabile anche che esca un sacco di paura e la fortissima tentazione di conigliarmela un po’.

È una delle mie tendenze più prepotenti quella di autosabotarmi a poco dalla meta. In realtà non so se sono a così poco dall’obiettivo ma so per certo che mi sto autosabotando per paura del fallimento.

In questi giorni mi sono domandata che senso ha quello che sto facendo, che senso ha scrivere, parlare, condividere. Nella testa batteva forte la domanda a chi importa ciò che scrivi. Il tutto con un’altra frase ben presente La voce compie il lavoro del Budda. È una delle frasi di gosho più conosciute.

I gosho sono le lettere che Nichiren Daishonin, fondatore del Buddismo che pratico, inviava ai suoi discepoli. Parliamo del 1200 e giù di lì, giusto qualche secolo fa.

È la frase di gosho con cui si spiega il perché è importante praticare a voce alta, non solo perché concentrandosi sulla propria voce si riesce a non pensare troppo (non pensare in assoluto è una puttanata, lasciate perdere chi lo afferma) ma perché il Budda usava la voce per tramandare l’insegnamento che ha come unico scopo la felicità delle persone.

La voce compie il lavoro del Budda oggi vuol dire parlare di fronte alle ingiustizie, parlare quando è necessario proteggere le altre persone, parlare senza esitazione lottando per il rispetto della dignità della vita.

Oggi siamo in tante e tanti a parlare, a scrivere sui social, a scrivere libri, ad avere blog e podcast, ma quante persone agiscono con lo scopo ben preciso di proteggere la vita e, di conseguenza, le persone? Per quante e quanti lo scopo non è la fama, il successo, vendere il corso che ti cambierà la vita, alimentare il proprio ego, ma realizzare una società diversa?

Non penso di essere l’unica ma, in tutta onestà, non credo di far parte di un gruppo così numeroso.

Ho osservato molto in questi mesi attiviste e attivisti e come scrivo in un articolo di prossima uscita su La Ciclista Ignorante, avverto addosso la sensazione che l’ego personale superi qualsiasi ideale, che l’essere riconosciute e riconosciuti come leader di qualcosa dia alla testa delle persone.

Avverto la sensazione lascia molto spazio al dubbio, al fatto che posso essere io, in questi giorni tra le mille domande nella mia testa mi sono anche onestamente chiesta se la mia non fosse invidia, se in realtà vorrei solo essere al posto di alcune di queste persone.

Ad essere ancora una volta onesta, non ho trovato una risposta, ammetto che con alcune non farei a cambio manco se mi pagassero, ma il mio desiderio di scrivere si scontra con tutti questi libri pubblicati anche dall’ultimə arrivatə (ho resistito finché ho potuto nel mettere lo schwa ma non ce l’ho fatta).

Ieri sera durante Gongyo è arrivata però la domanda giusta in mezzo a tutta questa selva di oscura che è il mio cervello la maggior parte del tempo: quanto credo veramente di avere qualcosa da dire, quanto credo nelle mie stesse parole? Quanto credo in me stessa?

Se non sono la prima a farlo niente può funzionare, è una realtà vecchia quanto il mondo: non possiamo aspettarci che il coraggio, la stima, la sicurezza, ci venga infusa da qualche altra persona, anche se vicina a noi, anche se ce la siamo sposata.

Per questo settembre e ottobre ho obiettivi molto ambiziosi, non ho risposte per la maggior parte delle domande che intasano i miei neuroni, ma so esattamente in che direzione andare e ho scelto di non farmi fermare da nessuna paura. Mi sento molto fortunata, molto ha fatto ricordarmi che la gratitudine è un sentimento attivo e non passivo, ma di questo ne ho già parlato parlando di Happy ed ora chiudo qua e mi metto l’opera che oggi voglio staccare per pranzo e andare a mangiare al mare.

Sono certa che quanto ho scritto non sia utile solo a me, sono dubbi leciti, al di là di praticare o meno il Buddismo, condividere aiuta a chiarirsi le idee e capire in che direzione andare. Sembra banale ma sapere di non essere solз in certe difficoltà, al di là di conoscersi o meno di persona, può essere di grande sostegno nel farci comprendere che non siamo noi incapaci e che certe situazioni sono oggettivamente difficili e spesso ci vuole un po’ a trovare la quadra per uscirne.

Poi ci sarebbe tutto un discorso sul come tempo sia un concetto relativo, a parte che l’ha già detto Einstein, ma magari ne parliamo domani, che ho sempre l’obiettivo di scrivere tutti i giorni qui sopra, poi però le giornate hanno solo 24 ore.

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